Comincia con un’importante risultato la XXVII edizione del Laser Florence. Uno studio del professor Leonardo Longo dimostra come alcuni tipi di laser si mostrano particolarmente idonei nella cura dell’Induratio Penis Plastica.
Quasi un italiano su 10 (fra i 50 e i 70 anni) soffre di IPP, una malattia subdola che porta ad un accorciamento progressivo del pene che perde gran parte del proprio volume e della sua elasticità.
L’alterazione colpisce i corpi cavernosi del pene e modifica la loro naturale struttura di rivestimento, normalmente molto elastica e resistente, con un tessuto fibroso, rigido.
Il pene cambia via via aspetto, soprattutto durante l’erezione. Può manifestarsi una insolita ipersensibilità, ma il dolore e la completa deformazione compaiono solo successivamente.
Il laser, chiamato in causa in questi ultimi 30 anni come strumento in grado di portare alla guarigione dalla malattia, ora è in grado anche di accorciare i tempi.
I dati riguardanti questa nuova frontiera della lotta all’IPP sono stati resi noti oggi a Firenze, durante la XXVII edizione di Laser Florence, il convegno internazionale di medicina laser organizzato dalla IALMS (International Association for Laser Medicine and Surgery), quest’anno in collaborazione con la WHA (World Health Academy).
Utilizzando un elevato livello di energia (watt anziché milliwatt) si possono ridurre infatti sia il numero di applicazioni che i cicli necessari alla regressione completa della malattia.
Lo studio, condotto dall’equipe del professor Leonardo Longo (coadiuvato dalle dottoresse Giubilo e Romanelli), ha analizzato il trattamento su 16 pazienti tra i 25 e i 50 anni, in circa 20 sessioni di applicazione, evidenziando una palese efficacia del laser a 1064 nm, che permette di ridurre il tempo di esposizione per ogni sessione di terapia e il numero totale di sessioni necessarie per ottenere i risultati.
“L’efficacia dei laser nella cura dell’Induratio Penis Plastica – spiega il professor Leonardo Longo – è ormai dimostrato da molti anni. Io ho pubblicato una rassegna bibliografica e la mia casistica personale sull’argomento nel 2001. È una metodica che va adoperata bene – continua -. Spesso invece i laser sono stati sottodosati nel trattamento di questa malattia, da parte di Colleghi poco esperti, col rischio di non avere risultati o addirittura di aggravarla. Abbiamo voluto sperimentare un ulteriore tipo di laser, il Neodimio YAG di ultima generazione, perché permette di ridurre i tempi di esposizione per ogni applicazione e anche il numero totale di applicazioni necessarie per ottenere dei risultati, e non ha il rischio di aggravare la patologia esistente. Dai primi dati – conclude Longo – sembra che questo tipo di laser sia molto utile in questi casi”.